Pubblicato il 15 maggio 2022
Se sì, perché le persone soffrono di depressione oggi più che in passato? Perché i tassi di suicidi nei paesi sviluppati hanno raggiunto livelli così drammatici? Esiste una buona e cattiva tecnologia?
Luminari in ogni campo stanno cercando delle risposte, ma la strada è in salita. La tecnologia influenza il lavoro, lo studio, la salute, la socialità e molte altre cose; è quindi difficile giungere a una risposta definitiva.
Sebbene probabilmente l’argomento sia più grande delle nostre reali capacità interpretative, vorremmo fornirvi un nostro punto di vista sulla questione.
Innanzitutto il concetto di qualità della vita è da considerarsi empirico; sebbene la maggior parte dei fattori che ne definiscono il valore siano scientifici, il risultato è naturalmente impreciso, perché inerente al percepito delle persone. Qual’è il reale collegamento tra il Pil di un paese e la felicità dei suoi cittadini? Nessuno lo sa, eppure questo è un parametro che viene preso in considerazione.
Ogni anno viene stilata una classifica globale fra i paesi che offrono la qualità della vita migliore. I fattori che vengono presi in considerazione sono innumerevoli, e spaziano dalla salute, al crimine, al reddito, all’istruzione, all’inquinamento e così via.
Sebbene - come detto sopra - la definizione di qualità della vita sia di per sé parziale e di scarso valore scientifico, può essere comunque una cartina tornasole abbastanza precisa sul sentimento generalizzato delle persone.
In primis va sottolineato che fra i fattori che concorrono a una migliore qualità della vità, presi in considerazione dagli enti di ricerca, non sono presenti elementi inerenti allo sviluppo tecnologico del paese o dei suoi cittadini. Se andiamo però a vedere quali sono i paesi che si sono posizionati meglio nella classifica sulla qualità della vita, ecco che questi si rivelano essere anche i più tecnologici.
Cosa intendiamo per “più tecnologici”? Quattro sono i parametri presi in considerazioni dalle ricerche sul tema: utenti internet, smartphone e disponibilità di connessione internet veloce in percentuale alla popolazione, e il Digital Competitiveness score, sviluppato dalla IMD World Competitiveness Center. Tale metrica si concentra su: conoscenza tecnologica, prontezza nello sviluppare nuove tecnologie e sull’abilità di studiare e mettere in pratica le ultime innovazioni.
Canada, Giappone, Paesi Scandinavi, Danimarca, Svizzera, Germania sono solo alcuni dei paesi al top sia per innovazione tecnologica sia per qualità della vita. Ci sono però paesi che invece non seguono la stessa logica, come Cina, USA, Taiwan e Corea del Sud, che vantano un’ottima innovazione tecnologica ma una qualità della vita inferiore.
Diciamo quindi che c’è una tendenza, ma non è automatica. Che cosa fa sì che certi paesi siano tecnologici e “felici”, e altri no?
Innanzitutto va specificato che la tecnologia può migliorare la qualità della vita sotto numerosi punti di vista. Può offrire nuovi posti di lavoro, permettere lo smart working e una maggiore libertà, diminuire l’inquinamento, semplificare la burocrazia, mettere in contatto persone lontane, migliorare il servizio sanitario e così via.
La tecnologia, come qualsiasi altra cosa, è però un’arma a doppio taglio. Questa può anche alienare le persone, far crescere l’odio, spargere fake news, far perdere posti di lavoro o diventare uno strumento che limita la libertà personale.
Per distinguere fra buona e cattiva tecnologia, innanzitutto, è necessario considerare la cultura di chi la usa o sviluppa. È anche importante che lo stato, con le sue norme e gli investimenti mirati all’innovazione, faccia da garante al buon uso della tecnologia.
Per esempio se i cittadini di un dato paese sono più tolleranti, allora ci sarà anche meno odio online. Se la ricchezza è meglio distribuita, e quindi molti possono utilizzare gli stessi strumenti, allora ci sarà meno conflitto sociale. Allo stesso tempo, se l’educazione digitale sarà più diffusa - per esempio per iniziativa degli stati stessi - allora la tecnologia sarà inclusiva e non divisiva. Se lo stato permetterà ai giovani di portare avanti le proprie idee, per esempio sostenendo la creazione di start up, allora si creerà lavoro e innovazione.
Al contrario, se un governo non aiuta i giovani, saranno i privati a guadagnarci inglobando idee e monopolizzando il mercato. Se un paese non investirà nell’educazione digitale dei propri cittadini, questi si sentiranno abbandonati e fuori dal proprio tempo. Se i cittadini sono in conflitto fra loro, questo si rifletterà anche sulla tecnologia.
In definitiva, la tecnologia è uno strumento, e come tale assume un ruolo in base a chi lo utilizza. A seconda dell’uso e del contesto può essere un discriminante positivo o negativo.
Lo sviluppo tecnologico di una nazione non porta naturalmente a una migliore qualità della vità. Porta solo a un’amplificazione della situazione in cui il paese versa.
Immaginiamo di vivere in un paese intollerante riguardo alla diversità. La tecnologia in questo caso avrà un effetto negativo sulla vita dei suoi cittadini perché amplificherà discriminazioni e violenze. L’odio online si può definire come una delle maggiori piaghe del ventunesimo secolo e porta tante, troppe persone a soffrire.
Se invece la popolazione è generalmente tollerante, la diffusione di immagini di stili di vita differenti porterà a una maggiore condivisione degli stessi, dando loro una “nuova normalità”. Questo discorso si può fare per qualsiasi altro fattore che può essere influenzato dalla tecnologia.
Quando si parla di qualità della vita, tutto è collegato. L’intolleranza è causa di conflitto sociale e di mancanza di sicurezza, e spesso deriva da scarse prospettive per il futuro e da problemi nell’educazione e nell’istruzione. Per questo motivo la tecnologia è sì un discriminante riguardo la qualità della vita, ma solo in senso lato: non cambia la situazione, ma può aiutare a migliorarla rapidamente.
Le nazioni e i popoli che vivono in situazioni difficili, invece, se non riescono a controllare e a guidare la tecnologia e l’uso che ne viene fatto, rischiano di peggiorare la loro già precaria situazione.
Per sintetizzare la tecnologia è in grado di migliorare la qualità della vita delle persone, ma solo se:
La parola chiave è responsabilizzazione. Senza una presa di coscienza collettiva si è destinati al caos, e il caos porta sempre a un peggioramento della qualità della vita. Non si può essere assolutisti quando si parla di una strumento e dei suoi effetti: la tecnologia non fa eccezione.